Pane parigino, i biscotti della mia infanzia. Mia nonna li preparava questi in inverno e li conservava in un bidone di latta che teneva nel salone “elegante”, quello dove io non ho mai mangiato, perché per cenare lì probabilmente sarebbe dovuto venire il Papa.
Salone a parte, andavo sempre a rubare questi biscotti, dal sapore inconfondibile: cannella, uovo, strutto.
Nonna Vastianina li chiamava pane parigino e ho scoperto solo di recente che questa ricetta proviene dalle zone di Ragusa e Modica. E’ inoltre poco conosciuta e realizzata per questo motivo da pochi eletti provenienti proprio da quelle zone, come la mia nonna, che era di Pachino, dove ho trascorso le più belle estati della mia vita.
La loro forma e il loro aspetto infatti possiedono qualcosa di estremamente intimo e casalingo, antico e corroborante. La gestualità con cui vengono preparati, gli ingredienti di una volta e la cottura veloce a temperatura altissima, tutto mi ricorda nonna. Lei che era sempre ai fornelli o al supermercato o a masticare qualcosa. Lei che amava i pranzi affollati come se stesse sfamando un esercito, lei che ha continuato con le porzioni giganti anche quando la famiglia si è spaccata e al tavolo non eravamo più quelli di una volta.
Lei, in dialisi, ma sempre con il frigorifero pieno, anche se a mangiare era sola con nonno. Nonna, che ha sempre aspettato arrivasse l’estate per avere i suoi figli di nuovo a casa, che ricordava perfettamente quali piatti preferissimo e che appena mettevo piedi in casa esordiva “taiu priparato u brodu cu lu pisci”, il mio preferito!
Ora che non c’è più, di lei porterò con me sempre i suoi piatti: i ravioli ripieni di ricotta dolce, i vota vota alla cipolla, il brodo di pesce, le polpette di macco, le cotolette panate con aglio e prezzemolo, i calamari grigliati con la sua mitica marinata e tanto altro.
Non era una donna che ricordo appagata dalla vita, era sempre in attesa che qualcosa accadesse, cambiasse, era sempre come se nella sua testa avesse dovuto vivere un’altra vita. Ma era felice quando cucinava, mangiava e quando vedeva noi godere del suo cibo e voglio ricordarla proprio così, quando mi insegnava tutte le preparazioni, io e lei sole nella cucina della casa in campagna, mentre tutti erano al mare per tornare poi per il pranzo, preparato da noi.
Un altro dolce dalle influenze siciliane? Provate le mie Modern tart con gelo di limone e ricotta.
Ingredienti
Queste dosi sono quelle mastodontiche di nonna e mi piace trascriverle così. Potete dimezzarle, a meno che non vogliate anche voi riempire un bidone con i biscotti!
- 1 kg di farina 00
- 300 gr. di strutto (potete sostituire con il burro, vengono buoni comunque, ma lo strutto conferisce un sapore particolare a cui non potrei rinunciare!)
- 8 uova (2 tuorli per decorare)
- 600 gr di zucchero semolato
- 1 cucchiaio di cannella (potete metterne di meno o di più a piacere)
- pizzico di sale
- 2 bustine di lievito
- farina di grano duro per la lavorazione
- zucchero semolato q.b. per decorare
Procedimento
In un recipiente capiente uniamo la farina setacciata con lo strutto, fino ad ottenere un composto sabbioso. (Io ho usato la planetaria, ma ho provato anche a mano e si riesce bene comunque).
Dentro un altro recipiente con una frusta rompiamo 6 uova intere e aggiungiamo gli albumi delle due uova i cui tuorli ci serviranno per decorare. Con una frusta amalgamiamo lavorando bene le uova con lo zucchero, il lievito setacciato e la cannella.
Adesso uniamo i due composti, fino ad ottenere un impasto omogeneo che risulterà abbastanza morbido.
Versiamo un po’ di farina di grano duro su un tagliere, rivestiamo le placche da forno con della carta e iniziamo la lavorazione.
Preriscaldiamo il forno a 220 gradi ventilato.
Con un cucchiaio di legno sporco di farina, prendiamo una bella dose di impasto, versiamolo sul tagliere con la farina di grano duro, arrotoliamolo con le mani allungandolo a formare un cordone e trasferiamolo velocemente sulla carta forno.
Una volta sulla teglia, sistemiamo la forma dei nostri cordoni di impasto e spennelliamo al centro con i tuorli precedentemente sbattuti. Ripetiamo la stessa operazione, cercando di tenere distanziati gli impasti sulle placche forno, consiglio di mettere un massimo di 4 strisce di impasto per teglia.
Vi lascio la sequenza di foto, per farvi capire bene i passaggi, perchè sono quelli a richiedere più manualità, ma vedrete che è più difficile a dirsi che a farsi.
In forno vedremo gonfiarsi sia lateralmente che verticalmente il nostro impasto, quasi a formare delle baguette, probabilmente il motivo per cui vene chiamato pane parigino. Non preoccupiamoci se dovessero attaccarsi fra loro, con un coltello possiamo dividerli.
Appena li vedremo leggermente dorati, togliamoli dal formo, cospargiamoli di zucchero semolato e tagliamoli diagonalmente ancora caldi.
Lasciamoli freddare e poi conserviamoli in un barattolo di vetro oppure in una latta, come faceva nonna, magari ricoperta da un canovaccio pulito.
Sono buonissimi, fragranti e perfetti per l’inzuppo.
Grazie nonna.